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LA MIA CUCINA

Sfogliatella frolla

Dosi per: 20

Pasta frolla:
2 kg farina 00

1 kg strutto o burro

800 gr zucchero

10 gr miele

6 uova

300 gr acqua

10 gr limone grattugiato

5 gr ammoniaca o baking


Ripieno:
250 gr semolino

1 l acqua o latte

5 gr sale

10 gr olio d’oliva

1 kg ricotta pecora decantata “non troppo umida”

5 gr limone grattugiato

200 gr canditi arancio

3 gr vaniglia

500 gr zucchero,

3 uova

3 gra cannella

10 ml liquore strega.


Esecuzione:

Pasta frolla:
Nella planetaria mescolare per pochi minuti lo zucchero aromi e burro o strutto.
Incorporare tutta la farina e lasciare mescolare per qualche minuto.
Aggiungere le uova e l’acqua, creare un composto compatto, morbido e consistente.
Ripieno:
In una pentola mettere in ebollizione l’acqua, il sale e l’olio.
Versare il semolino a pioggia e creare un composto compatto.
Nella planetaria con la frusta mescolare il semolino raffreddato con la ricotta, incorporare lo zucchero, le uova e tutti gli aromi, con i canditi.
Assemblaggio:
Formare dei pezzi di frolla da 140 gr, spianare a forma di un cerchio ovale.
Farcire con il ripieno abbondante e chiudere.
Spennellate con uovo e zucchero.
Abbattere le sfogliatelle frolle per qualche minuto.
Mettere in forno a 170°C per 25 miniti circa.
Servire con zucchero a velo.

Note:

La sfogliatella nacque nel convento di clausura di Santa Rosa, sulla costiera amalfitana, tra Furore e Conca dei Marini. Un giorno di 400 anni fa, la suora che si occupava della cucina, per non buttare la semola avanzata cotta nel latte, ci aggiunse un pò di frutta secca, zucchero e liquore al limone. “Potrebbe essere un ripieno”, disse. Allora preparò due sfoglie di pasta, di cui a quella superiore le diede una forma ‘a cappuccio di monaco’ e vi sistemò il ripieno. La Madre Superiora, avendo subito fiutato l’affare, decise di far mettere i dolci sulla classica ruota in modo da venderli ai villici che in cambio vi lasciavano qualche moneta. Il dolce trasse il nome proprio dalla Santa del convento e fu diffuso in tutto il territorio.
La Santarosa, arrivò a Napoli solo nei primi dell’ 800, per merito del pasticcere Pasquale Pintauro, che aveva una bottega in Via Toledo di fronte a Santa Brigida. Non si sa come Pintauro sia entrato in possesso della ricetta originale, però la modificò eliminando la protuberanza superiore a cappuccio di monaco. Nacque così la sfogliatella, la “riccia”, a forma di conchiglia triangolare e nella sua versione più nota.
Gli studi del Prof. Gambardella non sembrano accontentare i tanti napoletani che ancora rivendicano la paternità della Santarosa. Probabilmente la ricetta originaria, nata nel convento conchese e che prevedeva un ripieno di crema pasticcera e amarena è stata modificata una volta giunta a Napoli, nella versione che tutti conosciamo.

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