person holding stainless steel spoon

LA MIA CUCINA

Dosi per: 10

gr 250 burro chiarificato ( alternativa 100 gr olio di girasole)
gr 250 zucchero a velo
gr 250 uova (5 Uova)
gr 250 farina (gr 125 farina 00 + 125 fecola di patate)
½ baccello di Vaniglia
gr 10 di Lievito
gr 3 sale
gr 5 scorza grattugiata di limone

Esecuzione:

Montare i bianchi a neve.
In planetaria con la frusta a media velocità montare il burro, con lo zucchero e la vaniglia.
Incorporare i rossi uno per volta nel composto del burro.
Mescolare le due farine e setacciare.
Incorporare al composto con il lievito baking, aromi e sale, alternando con i bianchi montati a neve.
Imburrare e infarinare una tortiera con un diametro da 25, riempire fino a 2/3 abbondante di massa.
Cuocere in forno a 170 °C per 35/40 minuti.
Servire la torta paradiso con zucchero a velo.

N.B: utilizzare il burro depurato: pesare il 18% in più del peso in ricetta, sciogliere a 60 °C poi mettere in frigorifero fino a quando si indurisce. Togliere il burro indurito dal recipiente “depurato” e buttare il latticino che rimane sul fondo.

Note:

Esistono due versioni di storie legate alla torta Paradiso.
1. La torta paradiso fu realizzata da Enrico Vigoni, pasticcere pavese dell’800. Questo dolce divenne il simbolo della città di Pavia ed è un classico della pasticceria italiana. Enrico Vigoni aprì la sua bottega nel 1878, aveva imparato il mestiere di “ofelè” a Milano ed era desideroso di mettere alla prova, in proprio, il suo ingegno e la sua creatività. Fu il Marchese Cusani Visconti a commissionare ad Enrico Vigoni l’ideazione di un dolce molto particolare. Dall’instancabile impegno del giovane pasticciere pavese nacque quindi una torta speciale, friabile, squisita, dagli ingredienti sapientemente dosati perché si conservasse fresca e gustosa per parecchi giorni. Ad assaggiarla per prima fu una nobildonna che la definì subito “Torta del Paradiso”, quello divenne il suo nome e segnò il successo di Enrico Vigoni.
2. Una regola ferrea dei monaci della Certosa di Pavia, è quella che “non possono uscire dal convento” ma un fraticello, il Frate Erborista della comunità, questa regola non la rispettava e abitualmente compiva sortite al di fuori delle mura della Certosa, per trovare erbe curative atte a preparare elisir e medicamenti. Un giorno, in una delle sue escursioni, incontrò una giovane, che per rifocillarlo gli offrì una fetta di dolce, trovata deliziosa e morbida, il frate continuò ad andare a trovare la giovane, per farsi dare la ricetta. Il Padre Priore, insospettito delle sue continue e soventi assenze, lo rinchiuse dentro i confini del monastero, al frate per consolarsi non rimase altro, che sperimentare la ricetta del dolce e fatto assaggiare ai suoi confratelli, questi ne rimasero entusiasti e deliziati, esclamando “Che Paradiso”, battezzando così la Torta Paradiso.

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